Spaghetti agli scampi, tappi dei pennarelli perduti e consapevolezza sull'albachiara

Questa è una riflessione affollata, come ultimamente molti aspetti della mia vita.
In mente ho una serie di cose che vorrei scrivere, che se ne portano dietro altre che vorrei leggere, altre che vorrei cucinare, qualcuna che vorrei cucire, molte altre che vorrei tagliare e incollare.
Il tutto è incastrato in uno spazio temporale che prevede anche blande attività di sopravvivenza quotidiana, di rossi da scegliere, di parole da dire e di baci da dare.
Per cui in preda ad un raptus creativo non gestibile decido di affollare e "diunfiatoraccontare" quanto gli spaghetti con gli scampi abbiano a che fare con i tappi dei pennarelli perduti e così per magia alla consapevolezza che Albachiara non parla della mia Chiara.
Partiamo tuttavia da un inizio.



Non adoro il pomodoro con il pesce. Nella mia letteratura "gastronomica" il pesce è in bianco, forse un paio di pomodorini, ma generalmente in bianco.
I primi di pesce, che più mi piace mangiare, non prevedono pomodoro, eccetto uno: gli scampi.
Ieri sera ho deciso che avevo voglia di una cena, diciamo vera, primo, secondo, contorno e un vino vero. Almeno avevo voglia di cucinarla.
Gli scampi sono senza impegno.
Reciproco, intendo.
Nel senso che loro sono buoni, e basta.
Viene un sughetto speciale nel tempo che la pasta si cuoce, e basta.
I nani puliscono il piatto, e basta.
Io li mangerei dalla padella, e basta.
Unica vera segnalazione che mi sento di dire è che le linguine sono di gran lunga migliori, e che completare la cottura della pasta nella padella permette alla pasta di mantecare, si, quasi come un risotto..ed è magia allora.

Ma poi arrivano i tappi dei pennarelli perduti.
Ogni nano scolarizzato, a scuola, probabilmente, è abituato a raccoglierli.
Il nostro barattolo è pieno.
In questa domenica sera affollata vi domando dove finiscono i tappi dei pennarelli perduti.
Non posso buttarli, non me la sento. Ma così senza il fedele compagno pennarello mi lasciano dubbiosa sul loro destino, così senza una mano di un bambino che li stappa, mi sembrano senza futuro o magari in cerca di uno nuovo, di una luce nuova.
Per ora li guardo, e basta.
Spero che scrivendone, entrino nel paradiso delle cose che vorrei trasformare e attendano fieri il loro turno.



Ultimo punto di questa isterica riflessione. Ho riascoltato Albachiara, ho riletto il suo testo e sono assolutamente certa che la mia Chiara non è lei, non ha nulla a che vedere con lei, è un'altra Chiara e questo mi piace tutto sommato molto.

Commenti

Anonimo ha detto…
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